Fibromialgia, un disturbo invalidante

Intervista al Dr. Alberto Scuratti, neurologo di Habilita

23/06/2021

Oggi Habilita offre un servizio di neurologia particolarmente variegato e in grado di rispondere alle diverse richieste provenienti dall’utenza. Professionisti esperti in grado di fornire risposte efficaci e precise a seconda delle patologie che vengono affrontate. Iniziamo quindi un percorso di approfondimento di alcune delle problematiche in ambito neurologico grazie al contributo dei neurologi del gruppo Habilita. Oggi, con il Dr. Alberto Scuratti, parliamo di fibromialgia. Possiamo definirla una patologia?

«La fibromialgia – spiega il Dr. Scuratti – non è una vera e propria patologia ma è più corretto definirla come un disturbo. La sua caratteristica predominante è il dolore delle fasce fibrose muscolari e neuronali. Parliamo di un dolore totalmente invalidante per la persona. Nell’ambito della neurologia ci occupiamo del dolore come secondario a patologie, ma qui parliamo di un dolore che è primitivo: è la causa per cui il paziente si rivolge al neurologo. Molto spesso si passa prima da reumatologi, ortopedici, chiropratici, osteopati si arriva dal neurologo per esclusione. Solitamente si tratta di pazienti disperati che magari passano anche al Pronto Soccorso perché non capiscono la causa di questi dolori, ma non ottengono una risposta esaustiva».

Il neurologo come riesce a diagnosticare la fibrimialgia?
«I pazienti arrivano dal neurologo carichi di angoscia, con la speranza di trovare finalmente una risposta. Spesso il medico di famiglia manda il paziente dal neurologo per non mandarlo dallo psichiatra. Il neurologo si fa quindi carico di questo disturbo che è assolutamente invalidante: parliamo di una problematica che non ha esami che la possano dimostrare chiaramente. È solo l’esperienza del clinico che può dare una risposta a questo disturbo che è assolutamente complesso».

CI sono esami diagnostici che aiutano a indentificare la fibromialgia?

«Gli esami diagnostici aiutano ad escludere altre patologie. La diagnosi è clinica. CI sono dei cosiddetti trigger points – prosegue il Dr. Scuratti – in cui il medico esperto sa dove andare per provocare il dolore. Ciò che si nota immediatamente sono delle posture particolari, con la schiena inarcata e le spalle in avanti: una posizione che ricorda quella di un gatto spaventato. La tensione muscolare è palpabile. Un altro aspetto molto presente è un’iperreflessia osteotendinea. Spesso il soggetto soffre di iperidrosi palmare e di movimenti oculari anche con gli occhi chiusi. È un po’come se una persona da ferma corresse una maratona. Per questo motivo uno dei sintomi principali del paziente fibromialgico è un’intensa astenia. La contrazione muscolare rimane sempre, anche di notte».

Il dolore è l’elemento più invalidante?

«Il dolore è la parte preponderante, è assolutamente invalidante, è un dolore che “uccide” la persona. Solitamente sono evidenti dei sintomi depressivi, ma probabilmente si tratta di sintomi secondari a questo stato di malessere. Questo disturbo colpisce prevalentemente le donne, raramente gli uomini. Si tratta di uno spettro di disturbi a cui sono poi associati sintomi d’ansia e di depressione. Il neurologo a volte riesce a dare una risposta efficace alla situazione che si trova ad affrontare. Certo, bisogna farsi carico completamente della persona. Non sono sufficienti i farmaci, occorre anche la pazienza di ascoltare. Il farmaco ha spesso effetti collaterali, quindi bisogna motivare la persona perché la risposta non si ha subito».

Come si può combattere efficacemente la fibromialgia?

«Noi abbiamo a disposizione tanti farmaci perché le vie coinvolte sono molte: da quelle serotoninergiche a quelle dopaminergiche, dalle vie di controllo delle emozioni a quelle di controllo della contrazione muscolare. Dobbiamo quindi gestire questo cocktail di farmaci che a volte può spaventare. Poiché la fibromialgia coinvolge tanti sistemi, è necessario capire quale sia il sistema che dobbiamo andare a modulare e soprattutto non dobbiamo perdere la speranza di aiutare il nostro paziente. È un disturbo che a volte richiede anni di trattamenti e a volte rischia di scoraggiare anche il neurologo – conclude il Dr. Scuratti – perché queste persone si presentano sempre con gli stessi sintomi per mesi e mesi. È lo scambio delle proprie conoscenze con la sofferenza dell’utente che può dare una risposta efficace».

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